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sabato 24 luglio 2010

Underworld



Ho letto Underworld.
Quello che non ha niente a che fare con i vampiri e i lupi mannari, e le donne che si innamorano di chi succhia il sangue.

Underworld, il libro di Don DeLillo.
E' una precisione non scontata di questi tempi.

Dalle prime pagine si capisce subito che merita ogni lode ottenuta. E' tutto perfetto, la struttura, i personaggi, la costruzione della narrazione.
Per chi non ne sapesse nulla Underworld racconta una quarantina d'anni di storia americana, intrecciando vite reali e personaggi immaginari. E tra i personaggi reali, DeLillo scrive di J. Edgar Hoover e Lenny Bruce.
C'è il baseball, il collezionismo, l'ossessione per i rifiuti, la paura mortale per la bomba atomica, la New York italiana. Non fatevi spaventare dalla mole.
Mi piacerebbe scrivere di più, ma sono intontito. Prima di scrivere di un libro è come se me ne dovessi liberare. E questa volta sarà difficile.

La mia impressione è che sia un punto fermo.
Uno di quei blocchi nella storia della letteratura che non può non essere considerato. Uno di quei massi sul sentiero che puoi scavalcare se non ti va a genio, ma che non puoi spostare. Sta lì, in mezzo alla strada e ti dice: nel '97 siamo arrivati qui.
Bum. (Questo è il rumore del sasso che tonfa sulla strada)

Sto via qualche giorno. Vado in montagna a trovare un amico.
Non sono ancora le vacanze, quelle lunghe. Ma ci stiamo avvicinando.

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