ATTENZIONE

QUESTO BLOG È UN ARCHIVIO CHE RACCOGLIE I POST ANTERIORI AL 2014. IL NUOVO BLOG LO TROVATE QUI.

mercoledì 30 novembre 2011

Timu @ ItaliaCampania

Sul blog di fondazione ahref la partecipazione di Timu a ItaliaCamp.

Tra tanti progetti proposti alcuni molto importanti, basti pensare al lavoro de L'Altra Napoli e ai loro bellissimi progetti realizzati e in fase di realizzazione.

Forte il bisogno di cominciare a raccontare. Anzi, il bisogno che abbiamo di raccontarci.

Che storia racconta questa città? I genitori cosa devono raccontare ai propri figli? Ci avviamo all'America's Cup ma fino a pochi mesi fa eravamo in piena emergenza - e lo siamo ancora -, abbiamo bisogno di trovare un senso tramite il racconto dei nostri spazi, dei nostri luoghi, di noi stessi.

mercoledì 23 novembre 2011

Yes, we brand

Un nuovo contributo su "Le vie del lavoro" e questa volta parliamo di Vincenzo Bernabei, 32 anni, che vive e lavora a Roma.

QUI il video.

Stephen Kern troverebbe interessante quest'intervista. Perché Vincenzo Bernabei, titolare di Queimada Brand Care, dice che nel suo lavoro alcuni concetti come spazio e tempo sono sfumati, hanno perso consistenza.

Occuparsi di Brand-Care vuol dire aiutare le aziende a comunicare i propri valori. 

"Il mio lavoro è fatto di tante cose, soprattutto di cose immateriali, non tangibili, che non si possono toccare direttamente". Eppure quest'immaterialità è affrontata ogni giorno con i valori del "saper fare".

"Ho fatto il cameriere, l'accompagnatore turistico, il centralinista. Sono state tutte esperienze utili perché ho acquisito delle competenze e delle conoscenze sulle organizzazioni che prima non avevo. Sì, la pratica, il saper fare, oltre al sapere, sono importantissimi".

Imparare molto dagli altri - come dice Vincenzo - anche da chi fa lavori completamente differenti. Da chi vende auto, da chi ha ristoranti o gestisce palestre.

"Creare continuamente connessioni, creare continuamente reti di scambio con persone che fanno il tuo lavoro ma anche e soprattutto con persone che non c'entrano nulla con il tuo lavoro".


sabato 19 novembre 2011

Regards Dott.ssa Bernardo

Questa è la lettera di un'amica che ha preso una decisione.
Insegnare non è il mio sogno ma la pratica diffusa della proposta di lavoro che proposta di lavoro non è, non riguarda solo l'insegnamento. Nella mia carriera scolastica - come tutti - ho avuto modo di conoscere molti docenti. Professoresse giovani e meno giovani, motivate o del tutto rassegnate. Continuando così, le aule - sia pubbliche che private - saranno piene di giovani docenti già stanchi, non motivati o frustrati come quelli arrivati alla pensione. E a differenza di altri lavori, l'insoddisfazione nel mondo dell'insegnamento è davvero letale. Non c'è bisogno di spiegare il perché, tutti possiamo offrire un esempio positivo ed uno negativo.
Fare l'insegnante in questo paese, ogni giorno che passa, diventa sempre più un atto rivoluzionario. 

Buonasera "Signor" preside, sono la professoressa Bernardo. La contatto per dirle che rinuncio all'offerta, o meglio, rinuncio alla non offerta lavorativa.
Per quanto io ami l'insegnamento e pensi di essere adatta, ho deciso di non cedere al ricatto socio-psicologico lavoro=punti. Si lavora per guadagnare o meglio il lavoro è tale quando si guadagna altrimenti diventa un hobby. Io ne ho già tanti, grazie. Provi a pagarci il mutuo con i punti e mi faccia sapere cosa le rispondono! Mi dispiace per chi accetterà perché c'è sempre chi cede con la speranza di un futuro diverso. Purtroppo l'Italia la rovinano proprio coloro che tollerano l'intollerabile e coloro che approfittano di tale atteggiamento. Lei tra gli altri.
Mi dispiace aver pensato di avere a che fare con un istituto serio e mi dispiace aver tentennato e creduto di poter sottostare a questo sistema. Mi dispiace, soprattutto, che per colpa della sua proposta ho iniziato a dubitare delle mie capacità e delle scelte che ho fatto nella mia vita.
Mi dispiace anche per quei ragazzi che pagano una retta al suo istituto perché possono solo avere un'istruzione di serie B dal momento che insegnanti non pagati non potranno mai essere davvero motivati. Ma certo, l'importante è che paghino entro il 5 di ogni mese, giusto? Lei ha capito tutto.

Piccola lezione di marketing: non investire sul proprio personale porta ad un rendiconto negativo in termini di immagine e di conseguenza ne soffre il bilancio dell'azienda. Dal momento che l'Italia vive il suo medioevo sociale continuerete certamente ad avere insegnanti che lavorano gratis ma intorno al suo istituto si verrà a creare un'immagine negativa tale da costruire solo una pessima reputazione. Dunque, li risparmii pure i soldi della pubblicità perché sono soldi buttati; manifesti, siti e locandine non servono quando c'è in giro tanta gente colta, rispettabile e arrabbiata che parla male della sua azienda. Lo farò anch'io ovviamente e, purtroppo per lei, io so sfruttare bene i canali della comunicazione perché, ahimè, sono una persona preparata su cui non ha voluto investire.

Regards
Dott.ssa Bernardo

Diffondete! grazie!


venerdì 18 novembre 2011

101 tesori nascosti di Napoli @ Feltrinelli

Ieri c'è stata la prima presentazione di "101 tesori nascosti di Napoli".

In una giornata che tutti avevano bollato come negativa - un presunto sciopero, l'apertura di H & M, la confusione di via Roma e il clima da acquisti natalizi - il libro ha trovato l'ottima accoglienza della Feltrinelli. Me ne sono accorto solo in un secondo momento, dopo aver visto le foto che ha scattato l'amico Peppe Pace: dietro le nostre spalle un enorme muro di copie dell'ultimo romanzo di Fabio Volo incombe minaccioso.

Credo sia stato un incontro interessante e questo è ovviamente merito dei due compagni di viaggio che hanno accettato il mio invito, Vincenzo Moretti (è proprio vero che il numero 17 ci porta bene) e Antonio Sacco.

Abbiamo parlato di ricostruzione, di bellezza e luoghi da riscoprire. Di come sia importante cominciare a ragionare sul qui e non sull'altrove, del bisogno che abbiamo di dare vita ad un discorso condiviso sulla collaborazione, sulle competenze, di quanto sia importante l'incontro con gli altri. E di come oggi, più che mai, sia importante raccontare le storie dei luoghi. O riscoprire quelle che altri hanno già raccontato.

Ieri sera una delle storie che ho citato riguarda la Grotta di Seiano, e ho dimenticato di raccontarne un'altra a cui tengo molto. Alcuni dei luoghi che trovate in "101 tesori di Napoli" sono difficilmente spiegabili. È il caso del pontile di Bagnoli e dei resti dell'Italsider. Il raccontare permette di riconciliarsi con i luoghi, offre la possibilità di capire, di trovare chiavi di lettura. In quel capitolo cito un romanzo, "La dismissione" di Ermanno Rea, che meglio di molti altri libri, saggi e studi riesce a spiegare e a raccontare quel luogo. Nella guida descrivo il passo, qui invece mi piacerebbe citarlo. Vincenzo Buonocore, protagonista dell'opera spiega la visione dell'impianto industriale dall'alto, quando finalmente si decide ad osservare la sua Italsider da una postazione privilegiata, in un cestello di una gru a novanta metri d'altezza.
Era come salire in un ascensore a cielo aperto. Vidi subito il mare, Nisida, i pontili che tagliavano come coltelli l'acqua opaca. Più salivo più gli alti camini dello stabilimento sembravano approssimarsi a me; assomigliavano a uomini che avanzano eretti e un po' minacciosi verso il centro di una piazza inondata di sole. Quei camini mi ricordavano persone reali, operai che avevo conosciuto nel passato e che poi avevo perduto di vista: perché erano morti, oppure si erano trasferiti all'estero; o avevano rinunciato all'acciaieria per un motivo qualunque. Mi vennero a mente un sacco di nomi e di volti.
Il racconto di questi luoghi ci aiuta a comprenderli, a capirne la densità, ad accettarne  l'importanza seppur drammatica, a volte.
(Al più presto pubblichiamo un video con gli interventi di ieri sera. Un grazie di cuore a tutti, alla famiglia, agli amici, a chi non conoscevo e ai curiosi arrivati lì per caso).



venerdì 11 novembre 2011

Il lavoro come comunicazione


Geremia Pepicelli è un ingegnere elettronico. Si è occupato di aerei per 27 anni e negli ultimi otto di «veicoli senza pilota». Da appassionato di fantascienza gli ho fatto subito notare quanto l'argomento mi affascinasse e lui si è stupito un po', perché di fantascientifico qui c'è davvero poco. È tutto vero e pratico.

Cliccate QUI e guardate l'intervista.


Alberto Savinio ha scritto questo: "Il destino di noi uomini civili è nei nostri nomi e nei nostri cognomi [...] Molto rari gli uomini il cui destino non è scritto nel loro nome e prescritto nel loro cognome".

Per Geremia Pepicelli è proprio così: suo nonno che si chiamava esattamente come lui era ingegnere. E lui ha sempre saputo di voler diventare a sua volta ingegnere. La passione per l'elettronica deriva invece da suo padre, che costruì da solo la prima televisione portata in casa. 


"L'importanza del lavoro si trasferisce secondo me attraverso l'esempio, [...] ho avuto la prova che al di là delle parole contano i fatti. L'esempio, l'esempio è quello che viene trasferito a quelli che ci stanno intorno e alle generioni che ci seguiranno. [...] Le prossime generazioni utilizzano così come ho fatto io con mio padre quello che ti viene trasferito non in maniera esplicita ma in maniera implicita nelle cose che fai, quelle che hai realizzato, come ti sei rapportato con gli altri. Queste sono le cose che noi possiamo lasciare a quelli che vengono dopo di noi".


L'ha scritto Calvino, ed è una frase che mi piace sempre ricordare. "E il lavoro è qualcosa di intersoggettivo, che stabilisce una comunicazione con gli altri. [...] Il lavoro come comunicazione."

mercoledì 9 novembre 2011

Condividere Timu


 Cosa vuol dire condividere e partecipare su Timu?

Vuol dire accettarne il modello, accettare e condividere i quattro punti necessari per partecipare alla creazione di informazione di qualità:

Accuratezza, indipendenza, imparzialità, legalità.

Il metodo è molto importante, non a caso, nella lista di servizi che offre agli utenti è al primo posto. 
Solo un modello condiviso e messo in pratica permette un miglioramento di qualità nella produzione di informazione.

Iscriversi a Timu è molto facile. Così com'è facile condividerne il metodo: dopo aver accettato i quattro principi il profilo dell'utente sarà sbloccato.

Certo, il modello va poi applicato, ma non parliamo di principi così difficili da fare propri. Si tratta di valori che promuovono un'informazione onesta.
Il web è davvero così fuori controllo da non permettere l'attuazione di tali principi? C'è davvero qualcuno che crede che in assoluto sia così?
Il web è un luogo molto vasto. A differenza del mondo che abbiamo vissuto fino ad oggi - «il mondo è molto vecchio» ripete spesso Lyle personaggio di infinite Jest di David Foster Wallace - , il web è così giovane che abbiamo la possibilità di dargli una direzione. O almeno di dare una direzione ad una parte di questo mondo. Un mondo che si intreccia sempre con più forza al nostro "vecchio mondo", e che quindi lo condiziona. Ci sarà sempre chi vedrà il web come un immenso mercato, ma nessuno vieta a noi che invece crediamo di poter costruire una piazza al suo interno (in cui i cittadini possano migliorare l'informazione) di decidere in che modo costruirla, e quali sono i principi che debbano animarla. 


Iscrivitevi a Timu, accettate il modello e fate il percorso tra i principi.
Poi magari prendete l'immaginetta che trovate qui su e la mettete sui social network che utilizzate, sui blog su cui scrivete, la mandate nelle mail agli amici. Dite alla piazza che quando partecipate, collaborate e condividete informazioni lo fate seguendo il modello Timu.

Quello che accadrà dipenderà da come ci comporteremo.




lunedì 7 novembre 2011

Di Timu, partecipazione, collaborazione ed altre cose

Su "Le vie del lavoro" le storie cominciano a diventare tante. Sono tutte diverse ed uniche, ma tutte contibuiscono ad indicare i valori che proviamo a raccontare.

Nei post precedenti ho scritto tanto di partecipazione e collaborazione su Timu. Oggi Roberta Della Sala, una delle più impegnate nell'inchiesta ha pubblicato un video, molto semplice, girato probabilmente con un telefono cellulare.

Il video potete vederlo qui. Oltre al fatto che la via percorsa da Roberta sia decisamente importante nella nostra inchiesta, è importante notare come il suo contributo sia stato girato con un mezzo che la maggior parte di noi possiede.

Quando parlo di possibilità offerta ai cittadini parlo proprio di questo, e di tanti altri video del genere che possono essere pubblicati. È arrivato il momento di partecipare. Non servono per forza grandi tecnologie. Cellulare, macchina fotografica alla mano perché non ci raccontate le vostre storie?

sabato 5 novembre 2011

Resistance is futile


Domenica scorsa su Repubblica è stato pubblicato un articolo di Riccardo Luna su rete ed informazione, giornalisti e blogger. L'articolo che trovate qui per intero ha un titolo che indica la realtà, che c'è poco da fare, che come dicono i Borg in Star Trek «Resistance is futile».

Il cambiamento è ormai in corso, come scrive Luna: «I giornalisti sono scesi dal piedistallo (anche perché Internet il piedistallo lo aveva demolito): a volte bloggano, sempre più spesso stanno sui social media non solo per dare notizie ma per dialogare con i lettori da pari a pari».

Torna in questo articolo un concetto di cui avevo scritto qui: la collaborazione.

I dubbi sul citizen journalism sono espressi principalmente dai giornalisti o dagli aspiranti giornalisti. I primi per molto tempo hanno creduto che la rete potesse mettere in discussione la loro capacità di organizzare, filtrare, analizzare i fatti, i secondi si sono ritrovati a chiedere che cosa voglia dire diventare giornalisti oggi. O, che cosa sarà il giornalista nel prossimo futuro.
I cittadini reporter non possono sostituire i giornalisti, ma possono migliorare il loro lavoro. Certo, questo è possibile se l'idea di collaborazione permea il mondo dell'informazione professionale, se i giornalisti accettano questa nuova idea di lavoro e questa possibilità d'arricchimento. Lavorando con serietà tutti possono ricavarne qualcosa: i giornalisti avere più testimonianze, confronti, smentite, materiale con cui lavorare, fonti da ascoltare, contributi da utilizzare, i cittadini invece possono partecipare attivamente alla creazione d'informazione, a migliorarne la qualità, migliorare le proprie città ed i propri luoghi, portare delle testimonianze dirette.

Scrive ancora Luna che Jay Rosen, coniatore dell'espressione "Pro-am journalism", docente di giornalismo alla New York University, si è espresso così su questa collaborazione. «I giornalisti non sono abituati ad ascoltare, i blogger non sono preparati a dare un'informazione di qualità. Per questo abbiamo bisogno che lavorino assieme».

Certo, un modello del genere, collaborativo, aperto, non chiuso, rischia di demolire vecchie certezze: l'informazione cade dall'alto, è organizzata da pochi per molti, prodotta alle volte in un modo piuttosto che in un altro per scopi ben precisi.

Nell'articolo c'è anche una battuta di Luca De Biase sul modello proposto da Timu, la piattaforma di Fondazione ahref che permette proprio ai cittadini di partecipare all'informazione e soprattutto di contribuire al miglioramento qualitativo. In che modo? Accettando un metodo, quattro principi che appunto aiutano a muoversi con serietà.

«Abbiamo parlato per anni di contrapposizione fra giornalisti e Rete, ma non ha più senso. Mettiamoci d' accordo sul metodo: accuratezza, imparzialità, indipendenza e legalità. E collaboriamo».

Quando Fondazione ahref nel maggio scorso è venuta a Napoli, proprio Luca De Biase ha detto una cosa che mi sono riproposto di riportare prima o poi. È passato del tempo, e spero di ricordarla esattamente, ma sono sicuro che questa frase sia stata detta, e spero di non ricevere smentite. Quel giorno (l'argomento era "il sommerso e l'economia da svelare") il presidente di Fondazione ahref ha chiesto di utilizzare un'altra formula rispetto alla solita e più abusata "informazione fatta dal basso" e cioè "informazione fatta dall'alto della nostra condizione di cittadini".

giovedì 3 novembre 2011

101 tesori nascosti di Napoli

Da oggi trovate in libreria "101 tesori nascosti di Napoli da vedere almeno una volta nella vita" (newtoncompton). Mi piace definirla una quasi-guida turistica perché per alcuni aspetti ha la stessa funzione, ma dentro ci trovate anche molte altre cose che normalmente nelle guide turistiche non hanno spazio.

Per trattare alcuni argomenti e per poter descrivere alcuni dei luoghi ho usato libri, romanzi, film, canzoni e musiche. Sono inviti alla lettura, all'ascolto, al recupero di contributi essenziali per capire un po' di più questa città.

Per il lettore che per la prima volta si trova ad affrontare Napoli credo sia un buon testo per visitare la città in maniera completa. Dentro ci trovate luoghi meno noti o più conosciuti, nascosti, letteralmente sottratti alla vista, o metaforicamente, abbandonati, non valorizzati o completamente dimenticati. Per chi invece la città la vive tutti i giorni può essere un buon modo per riappropriarsene, esattamente com'è successo a me.

Vedere un proprio lavoro in libreria è sicuramente piacevole, ma l'aspetto più importante credo sia un altro: mi è stata concessa la possibilità di fare pace con la mia città. E sono stato fortunato perché Anna Leoncino e Antonella Pappalardo, le due editor con cui ho avuto più a che fare da maggio scorso, hanno capito che alcuni punti, seppur banali e forse ripetitivi, per me sono importanti.

Anche se lo diciamo e lo scriviamo spesso, ricordare come alcuni luoghi - luoghi di una bellezza infinita - siano completamente abbandonati a loro stessi è importante. Perché non è normale, non è accettabile. Allo stesso modo è importante mostrare come alcuni luoghi e alcuni tesori siano invece custoditi con attenzione e valorizzati. Perchè anche a Napoli si può fare, perchè qualcuno l'ha fatto o si impegna ogni giorno per farlo.

Spero che "101 tesori nascosti di Napoli" dia al lettore la stessa possibilità che è stata data a me, poter sentire di nuovo propria questa straordinaria città.

mercoledì 2 novembre 2011

Ricamatore Carmine Brucale



Ciccate QUI e guardate il video. 

«È strano vedere un uomo che ricama, vero?» mi chiede Carmine Brucale mentre sistemo l'inquadratura. Alla scuola media Augusto, la professoressa M. di educazione tecnica ci faceva esercitare sul punto a croce. A qualche mio compagno di classe riusciva facile, a me no. Un paio di amici di allora addirittura si appassionarono. Quindi non sono stupito tanto dal fatto che sia un uomo a ricamare, quanto dalla bellezza del suo lavoro, dalla delicatezza con cui il filo d'oro viene poggiato sul cotone, dalle decorazioni che prendono forma lentamente, punto dopo punto.

Carmine Brucale ricama con fili d'oro, oro vero. Nel video pubblicato su Timu, potete ascoltare la sua storia e vederlo al lavoro. La madre di Carmine, anche lei ricamatrice, per tenerlo buono lo teneva al suo fianco mentre lavorava al telaio. Carmine ha così imparato un mestiere, un'arte a cui dedica gran parte delle sue giornate.

Un lavoro delicato, che richiede accuratezza e precisione. Carmine ride quando spiega che d'estate non si può ricamare, perché con il caldo i rocchetti d'oro non vanno molto d'accordo.

«Per me è un hobby, un amore, una passione, diciamo che è tutta la mia vita».

A Castel San Giorgio (Salerno) l'inchiesta "le vie del lavoro" ha incontrato grandi lavoratori ed artigiani, esempi e modelli, storie che vale la pena raccontare, ascoltare e condividere.

Piano piano scriviamo di tutti.