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domenica 23 ottobre 2011

Raggiungere la meta "in Timu"


Timu è la piattaforma promossa da fondazione ahref, un luogo nel web che permette ai cittadini e alle comunità di lavorare insieme. È un social network in cui i cittadini reporter possono partecipare ad inchieste collettive. Come può un progetto del genere migliorare la qualità dell’informazione sul web? Timu crea un modello condiviso, un modello da accettare, da applicare alla propria pratica attiva di cittadino reporter: quattro punti da osservare per partecipare alla condivisione d’informazione di qualità (accuratezza, imparzialità, indipendenza, legalità).      


Timu in Swahili vuol dire team e team in inglese vuol dire squadra. In italiano (fonte dizionario Devoto-Oli) si può definire così: “Gruppo o formazione organica di persone con compiti e funzioni comuni”.

Timu è un social network che permette l’interazione, la connessione, la collaborazione. Queste tre parole mi piacciono molto, e forse l’ultima è quella che mi piace di più.  La parola collaborazione in italiano - ancora dal dizionario Devoto-Oli - è definita “Partecipazione attiva, variamente determinata e valutabile, al compimento di un lavoro o allo svolgimento di un’attività”.

Collaborazione è una parola che mi piace tanto perché da anni non è più al centro delle nostre vite, delle vite di chi ha compiti ben più importanti dei miei (far andare avanti un paese ad esempio) e quindi è anche un termine che ha perso valore per una parte del paese e ha acquisito valore, invece, per un’altra parte. Non è solo passione per i termini desueti la mia, ma più che altro passione per concetti desueti che oggi possono aiutare a migliorare il cambiamento. E sul fatto che oggi sia in corso un cambiamento non c’è tanto da discutere.

L’altro modello, quello della competizione letale - la sto prendendo larga? Non disperate, adesso ordiniamo tutto - è ancora il modello dominante. Il mondo dell’Università e il mondo del Lavoro non sono così diversi se osservati da questo punto di vista: ci si guarda con sospetto, si compete in aula quanto in ufficio, si gareggia per affermarsi, per scavalcare, sconfiggere, mangiare gli altri.

Dal canto suo la collaborazione - e questo è facilmente dimostrabile (lo fa Richard Sennet in un modo eccezionale) - deve tenere conto delle competenze differenti, delle abilità differenti, dei diversi gradi di formazione. E deve tener conto della competizione, deve incanalarla, renderla produttiva, non letale.  La corsa non è contro gli altri, la battaglia da vincere non è contro chi corre con noi, ma consiste nel superare il traguardo, raggiungere la meta - se mi permettete il gioco di parole - “in Timu”. È importante che la collaborazione sia attiva in tutti i soggetti partecipanti, anche in quelli più formati, più specializzati o semplicemente più talentuosi.

Richard Sennet scrive ne “l’uomo artigiano” qualcosa che i miei amici musicisti d’orchestra mi hanno spiegato spesso:
Il pubblico magari immagina che lavorare con un direttore d’orchestra o con un solista di grido sia di per sé un’esperienza trascinante per gli orchestrali, che il livello di qualità stabilito dal solista elevi quello di tutti gli altri; ma questo dipende da come si comporta il virtuoso. In realtà, un solista che si astrae dalla collegialità dell’orchestra può ridurre la voglia degli orchestrali di suonare bene. Gli ingegneri informatici, (Sennet scriveva in questo caso di aziende impegnate nell’innovazione della telefonia mobile NdR), come i musicisti, sono animali fortemente competitivi; per entrambi i problemi cominciano quando viene meno la collaborazione, che può compensare gli squilibri, perché allora il lavoro si degrada. (R.Sennet, L'uomo artigiano - Feltrinelli)
La partecipazione ha portato grandi risultati ad esempio negli Stati Uniti grazie alle esperienze di Spot Us e ProPublica, quest’ultima ha vinto per due anni consecutivi il premio Pulitzer (il sito produce e finanzia inchieste nell’interesse pubblico ed è guidato da Paul Stieger, non a caso membro del comitato scientifico di fondazione ahref).

Accettando il metodo proposto, registrandosi sulla piattaforma, creando un profilo personale, a chi decide di collaborare e partecipare è data la possibilità di contribuire alle inchieste, che lanceranno giornalisti professionisti, sociologi e quant’altro, o altri cittadini reporter. Le grandi testate possono utilizzare il materiale pubblicato su Timu, ovviamente citando la fonte. Per ogni utente sarà sviluppato un sistema per valutarne "la reputazione", sempre per difendere i principi del metodo Timu e premiare chi lavora meglio. 

Partecipando con accuratezza, imparzialità, indipendenza e legalità, si può determinare il cambiamento. Il cambiamento è già in corso e può essere un cambiamento decisamente positivo, se lo si costruisce insieme attraverso un metodo condiviso.

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