Ho un rapporto di odio/amore con i racconti.
Non riesco a leggerne molti in un solo giorno. Soprattutto quando sono buoni racconti, mondi con un inizio ed una fine, precisi, senza nulla di troppo.
E se sono perfetti come questi, allora è un bel problema.
I racconti sono quarantanove.
Sono tutti perfetti. Certo, qualcuno l'ho trovato meno interessante, qualcuno invece mi è paciuto così tanto che il giorno dopo ne ho ricopiato metà su un quaderno. Ma sono tutti perfetti.
Non ho controllato che edizione ci sia in giro al momento, ma questa che ho sulla scrivania termina con un'intervista ad Hemingway già citata in questo blog.
Se amate la letteratura, se siete scrittori o anche solo degli appassionati, dovete procurarvi quest'intervista. Davvero. Ne va dell'amore che provate per la letteratura, che grazie a quest'intervista potrebbe diventare qualcosa di molto più grande (se esiste un termine preciso per esprimere un superamore mandatemi una mail).
La forma romanzo credo sia la più adatta per scrivere del mondo. Credo (questa l'avrete già letta decine di volte su questo blog) che i romanzi abbiano la stessa struttura della vita umana.
Ma i romanzi raramente sono perfetti, c'è sempre qualcosa che può essere eliminato, qualche piccola esitazione. Il lavoro che si può fare su un racconto, invece, ti permette di arrivare alla perfezione. Certo, se sei Hemingway o Carver, o l'editor di Carver (piccola punta di risentimento).
L'esempio perfetto del racconto perfetto è Colline come elefanti bianchi.
In cinque pagine capiamo le intenzioni dei protagonisti, assistiamo al dramma del loro rapporto, alla terribile sensazione che si scatena nell'uomo quando deve prendere una decisione, ci sorge il dubbio che sia una decisione forzata, soffriamo, sentiamo il sapore di ciò che stanno bevendo. Percepiamo il velo di fastidio che si distende sugli oggetti, viviamo la consapevolezza dei protagonisti, tutto cambierà per sempre, tutto è già cambiato, viviamo la speranza, una speranza amara, a suo modo negativa.
E tutto questo non è scritto. Resta sotto, sotto le trame dei discorsi, sotto i movimenti dei protagonisti. Rileggetelo un paio di volte, forse capirete perché Calvino diceva che avrebbe dato volentieri dieci anni della sua vita in cambio della possibilità di scrivere questo racconto.
Se state lavorando a qualcosa di lungo, un romanzo per esempio, e siete in quella terribile fase in cui tutto quello che avete scritto vi sembra troppo pieno di parole, la maggior parte delle volte tutte sbagliate, e quindi tagliate, accorciate, deturpate, concedetevi una pausa ed aprite questo libro. Sono sicuro che lascerete la matita rossa sul comodino.
Se non vi va di leggere tutti i quarantanove racconti dovete almeno leggere questi:
Colline come elefanti bianchi
Gatto sotto la pioggia
La breve vita felice di Francis Macomber
Il signor Elliott e signora
Un posto pulito, illuminato bene
Il lottatore
Campo indiano
Il mio vecchio
Cinquanta bigliettoni
-.-.-.-.-.-
Ernest Hemingway - I quarantanove racconti, Einaudi
Dimentichi Le nevi del Chilimangiaro, il mio preferito (forse)!:P
RispondiEliminaComunque, è vero, dopo aver letto questo libro, per più di un anno non ho scritto nulla... Una bibbia. Anche io ho quest'edizione Einaudi con l'intervista finale. Da leggere e leggere e leggere.
Hai ragione.
RispondiEliminaL'ho dimenticato!