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domenica 10 ottobre 2010

Roger Federer come esperienza religiosa



Il tennis è uno sport affascinante.
Spacciarmi per un esperto non mi riuscirebbe neanche volendo, ho giocato a Tennis forse due volte. Ho visto qualche partita alla Tv, qualche partita dal vivo, più che altro partite d'allenamento di amici, niente di più.
Un'altra promessa che mi sono fatto, una volta aggiustato questo ginocchio rotto, è imparare a giocare.

Ma i personaggi come Federer, Nadal, li si conosce tutti, sono nomi di cui finisci per sapere qualcosa per forza, perché vivono sul tetto del mondo.
Ho già letto della passione per il tennis di Wallace in Tennis, tv, trigonometria (Minimum Fax), che da giovane ne ha giocate molte di partite (per quanto si finisca per credergli sempre, sono abbastanza sicuro che sia stato piuttosto modesto nel raccontare il suo talento), e proprio ieri ho comprato Roger Federer come esperienza religiosa. E' un articolo apparso sul New York Times del 20 agosto 2006, riproposto in una elegante ed esile edizione dall'editore Casagrande.

Ancora una volta Wallace scrive di quanto il Tennis sia uno sport difficile da comprendere profondamente se non ci hai mai giocato e di quanto sia difficile comprenderlo superficialmente se lo si segue solo in Tv. Scrive dei Momenti Federer, attimi in cui la grandezza del tennista si percepisce in maniera quasi imbarazzante, stupefacente:

Data la posizione di Agassi e la sua straordinaria rapidità, per riuscire a passarlo Federer doveva spedire la palla dritta lungo un tubo di cinque centimetri, ed è proprio quello che ha fatto, mentre saltellava all'indietro, senza il tempo di posizionarsi e caricare il peso. Era impossibile.

Wallace, inviato a Wimbledon nel 2006, assiste alla partita decisiva del torneo, la finale attesa da tutti, Federer contro Nadal. Per Wallace vuol dire poter analizzare il rapporto tra Forza e Bellezza, tra Violenza ed Eleganza, vuol dire parlare del senso cinestetico, del rapporto privilegiato che intercorre tra i grandi campioni ed il loro corpo, vuol dire dare una lettura di questo sport, ma non solo:

Ovvio, negli sport maschili nessuno parla mai della bellezza, della grazia, o del corpo. Gli uomini possono professare il loro "amore" per uno sport, ma questo amore deve sempre essere espresso e rappresentato nella simbologia della guerra: eliminazione e avanzamento, gerarchie di rango e posizione, statistiche maniacali, analisi tecniche, fervore tribale e/o nazionalistico, uniformi, frastuono collettivo, bandiere, petti percossi, facce dipinte, ecc. Per ragioni che non sono totalmente chiare, molti di noi trovano i codici della guerra più sicuri di quelli dell'amore.

Non scriverò di più, data la brevità del testo (56 pagine comprese di note wallaciane), finirei per rovinarvelo. Vi basti sapere che nel finale, come al solito illuminante, perfetto, Wallace riesce a dare un senso all'esperienza dello spettatore, e riesce a spiegare cosa sia capace di scatenare in noi un gesto sportivo, tecnico e geniale.

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David Foster Wallace - Roger Federer come esperienza religiosa, Casagrande

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