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martedì 9 novembre 2010
Ma quanto costa questo cazzo di pianeta?
Ero piccolo quando Benigni saltò sulle poltroncine rosse alla premiazione degli oscar. Quell'immagine diede fastidio al mio io-spettatore bambino che non capiva come fosse possibile comportarsi così con Spielberg affianco, davanti a tutte quelle stelle incravattate e scintillanti. Non sono mai stato uno di quelli che gridava al poeta! quando lo stesso portava Dante in televisione. Non sopporto tutti quei gesti, i salti, le capriole. Per me Benigni ha dato il massimo con La vita è bella, apice di una carierra cinematografica che aveva già allora visto picchi niente male.
L'altra sera dovevo essere uno di quelli a cambiare canale, una volta cominciato l'intervento di Benigni.
Eppure non l'ho fatto. Ecco ci risiamo, ora mi obbliga a spegnere la tv mi sono detto quando ha annunciato che avrebbe cantato. Eppure il pezzo l'ho ascoltato tutto. Non è che la mia idea su Benigni sia cambiata così tanto, ancora considero ogni scena de Il Mostro migliore di tutto ciò che ha fatto due giorni fa, ma il testo del brano, così come l'intervento precedente, aveva una carica drammatica così forte che ignorarlo, o almeno non dargli una possibilità, sarebbe stato impossibile.
C'è quella frase - Ma quanto costa questo cazzo di pianeta - che mi gira in testa da un paio di giorni. Berlusconi ne ha fatte tante. Ma la cosa più terribile, quella che più ha segnato il nostro paese è stato far credere a decine di milioni di italiani che il suo fosse un esempio da seguire. Che l'arricchirsi in modi illeciti non fosse sbagliato, che non fosse sbagliato andare a letto con minorenni in cambio di favori, che fosse giusto offendere, che non fosse infimo rispondere con bazellette a chi chiede il conto ad un capo di governo.
Magari il programma televisivo - il giudizio finale lo lasciamo a chi lo fa per mestiere - non è stato sempre godibile. La storia della bandiera era pesantuccia, molti, forse troppi i punti appesantiti da retorica. Ma a me il programma ha dato un pizzico di speranza, che la mattina dopo non era scomparsa.
Poi ci sono quelli che dicono che programmi del genere non fanno altro che basarsi sul bene e sul male, che questo manicheismo è anacronistico.
E a loro rispondo che anche io non credo in questa semplificazione. Ma che credo in quell'altra, in quella semplificazione che oggi impone una scelta a noi che possiamo ancora permettercelo, scegliere se essere italiani onesti o disonesti.
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Ieri non abbiamo avuto tempo per approfondire, poi magari la prossima volta continueremo a parlarne. Però stamattina sono capitato su questo blog. Ti segnalo un post, lo trovo interessante.
RispondiEliminahttp://riccardovalsecchi.wordpress.com/2010/11/09/orgoglioso-di-essere-andato-via/
Mi trovo esattamente d'accordo, soprattutto con questo:
Ma qual è il senso della trasmissione del costo complessivo di 2 milioni di euro? Quale il fine delle polemiche che l’hanno preceduta? Dove erano i contenuti? Dove le denunce? Dove i protagonisti di quest’Italia, che non sono affatto Saviano, Fazio, Benigni, Abbado, Vendola e l’onnipresente, anche se assente, Berlusconi, ma, piuttosto, gli italiani, il popolo, la gente comune? Dove sono quelli scappati? E quelli rimasti? Di fronte ai televisori, ad ammirare la solita messa in scena, che sia di destra o di sinistra, del “circo Italia”.
Ecco perché non guardo e non guarderò mai programmi così. Continuo a non avere fiducia nella stampa e soprattutto nella televisione, che di questo "circo Italia" restano l'espressione più fedele.
Per quanto mi riguarda, non sono d'accordo su molti punti.
RispondiEliminaPrima di tutto con il punto che costituisce la base del post. Alla televisione non si deve mai chiedere di cambiare un paese. Lo si può chiedere ai partiti, ai ministri, ma non a chi conduce un format televisivo. Credo ci siano più aspettative in chi ne rimane deluso che in chi semplicemente prende il programma per quel che è: pura televisione. Meglio di molto altro che c'è in giro, tra le altre cose, perché parlare di Falcone, anche in maniera non approfondita, è meglio che non parlarne affatto.
Forse bisogna fare un passo indietro, e cominciare a considerare i mezzi per quello che sono prima di immaginare un modo per cambiarli.
Sinceramente io trovo un po' stucchevole la questione - io resto perché, io vado via perché -. Chi accusa chi va fuori mi da fastidio allo stesso di chi va via e se ne vanta.
Ci vuole tempo per migliorare le cose. Ci vuole sempre tempo.
A me è sembrato un minuscolo passo. Non a caso non ho osannato il programma, ma ho solo considerato come un piccolo miglioramento ciò che ho visto.
Sugli aspetti personali non mi sono soffermato più di tanto, e sulla questione del chi resta e chi va sono d'accordo con te - però nelle parole di questo tizio non c'ho visto un vanto ma pura soddisfazione, e non è un male secondo me.
RispondiEliminaMi aveva colpito quella domanda: "Ma qual è il senso...?". E continuo ad essere d'accordo con le conclusioni. Se si vede il programma per quello che, è bene se fatto bene. Ma, al solito, a me è sembrato che questo programma - per le critiche, le aspettative, il valore che gli si attribuisce - dovesse avere un senso che va oltre le sua qualità (tecniche, artistiche) e che non riesco a vedere - qualcosa che ne faccia grande espressione di consapevolezza civile, di partecipazione, di impegno, o chissà cos'altro. Qualcosa che va al di là del mero prodotto televisivo e che io non vedo.
Credo di aver capito in che senso consideri il piccolo miglioramento. C'entra qualcosa con le ultimissime righe del post. Qui però non posso né contraddirti né essere d'accordo, il programma non l'ho visto - non potrei cogliere qualcosa del genere senza vederlo. Ma se non è andato oltre la solita messa in scena, se in parte è scaduto nella solita messa in scena, io continuo ad avere sfiducia nel mezzo, pure e soprattutto per quello che è.