Che ne so, l'urlo di Tardelli, Ferrara e Maradona che si abbracciano, Valentino Rossi che vince il suo primo mondiale, quella foto bellissima di Mennea al traguardo...troppe per citarle tutte.
Oggi ne voglio aggiungere un'altra a questo sconfinato elenco.
Basso che dopo aver faticato come un matto su tre quarti dello Zoncolan stacca definitivamente Evans e se ne va. Lo Zoncolan non è un monte, ma come dice qualcuno, è come una rampa da parcheggio. Le pendenze arrivano fino al 22%.
Ora, chi pedala un po', sa quanto possa essere pesante una salita del genere.
Ivan Basso è uno di quelli che ha pagato per uno dei tanti scandali sul doping nel ciclismo.
E lo Zoncolan è uno di quei monti la cui immagine è resa ancora più cupa e tenebrosa dal timore che corridori e tifosi alimentano. Poco prima di iniziare l'inesorabile salita lunga una decina di chilometri, è comparso uno striscione, a formare un ponte sotto cui i ciclisti sono passati, che intimava che si stava per attraversare La porta dell'inferno.
La gente ai lati delle strade, quelli che nelle squadre sono destinati a tirare come muli e a non essere mai ricordati, i più magri che si alzano sui pedali e dondolano a destra e sinistra arrampicandosi quasi si scalasse con le mani, le borracce che vengono lanciate lungo la strada, segno di stanchezza, di dolore, della voglia di fermare le gambe.
Su tutto questo lo sguardo di Basso, il volto sofferente ma che pare sorridere.
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