Ho una chitarra da più di dieci anni. L'ho sempre suonata maluccio, pochi accordi, ritmiche indecenti, fino a quest'estate. Ovviamente ora non è che sia diventato un chitarrista. Diciamo che ho sviluppato un metodo che mi permette di suonare tutti gli accordi - male e in maniera molto faticosa, il contrario di ciò che dovrebbe essere un metodo o una tecnica - e quasi tutte le canzoni.
Ora siamo a Otranto e io ho dimenticato la chitarra nella casa di Punta Prosciutto. Lì, praticamente ogni notte, prima di andare a dormire abbiamo organizzato piccoli concertini per chitarra suonata male e coro. Repertorio? Quello del grande struggimento all'italiana, Baglioni, Cocciante, 883, Vasco, Bersani, ma anche struggimento e dolore straniero, Redding, Joplin, Radiohead e Feist.
Spiegarvi perchè siamo arrivati a suonare e cantare Gigi D'Alessio è difficile e non ci provo nemmeno. Con il mio amico Raffaele siamo arrivati alla conclusione che la canzone con più stereotipi su Napoli e i suoi abitanti sia "Buongiorno" di Gigi D'Alessio, che è anche la canzone più divertente da suonare e cantare per uno di Napoli, o da un bel gruppo di Napoli, davanti a tante persone di altre città.
ATTENZIONE
QUESTO BLOG È UN ARCHIVIO CHE RACCOGLIE I POST ANTERIORI AL 2014. IL NUOVO BLOG LO TROVATE QUI.
sabato 20 agosto 2011
giovedì 18 agosto 2011
Rubo parole
Leggendo Calvino ho trovato le parole giuste per definire Infinite Jest.
Calvino però si riferiva a "La vie mode d'emploi" di Georges Perec (1978).
[...] sia l'ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo. E questo per molti motivi: il disegno sterminato e insieme incompiuto, la novità della resa letteraria, il compendio d'una tradizione narrativa e la summa enciclopedica di saperi che danno forma a un'immagine del mondo, il senso dell'oggi che è anche fatto di accumulazione del passato e di vertigine del vuoto, la compresenza continua d'ironia e angoscia, insomma il modo in cui il perseguimento d'un progetto strutturale e l'imponderabile della poesia diventano una sola cosa.
Calvino però si riferiva a "La vie mode d'emploi" di Georges Perec (1978).
martedì 16 agosto 2011
Rustico
Se non ho mai scritto di cibo è perchè la cucina è un ambiente a me ostile. Mangio molto e bene, ma non ho talento nell'arte culinaria. Per la gioia di chi mi sta intorno sono anche molto umile e realista. Non sono uno di quelli che costringe i suoi cari a sedute d'avvelenamento spacciate per degustazioni.
Oggi però è arrivato il momento di parlare di cibo.
Ho assaggiato il rustico pugliese più buono del pianeta. A Torre Colimena, quattro case e una torre, frazione di Manduria in provincia di Taranto.
Non so dirvi esattamente cosa sia a renderlo così eccezionale.
Un mio amico dice che forse è il pepe usato ad essere particolarmente buono.
Un altro mio amico sostiene che in Salento, magicamente, alcuni cibi ed alcune bevande diventino irresistibili. Come la birra Dreher.
Oggi però è arrivato il momento di parlare di cibo.
Ho assaggiato il rustico pugliese più buono del pianeta. A Torre Colimena, quattro case e una torre, frazione di Manduria in provincia di Taranto.
Non so dirvi esattamente cosa sia a renderlo così eccezionale.
Un mio amico dice che forse è il pepe usato ad essere particolarmente buono.
Un altro mio amico sostiene che in Salento, magicamente, alcuni cibi ed alcune bevande diventino irresistibili. Come la birra Dreher.
lunedì 15 agosto 2011
Vacanze
Sono in Puglia da quasi dieci giorni, nello stesso posto in cui ogni anno finisco per ricaricare le batterie. Leggo tantissimo e scrivo poco, ma soprattutto osservo. Osservo tutto quello che c'è da osservare. A chi mi chiede come va rispondo che va bene, e che sto passando le giornate calato nei panni del sig. Palomar.
-.-.-.-
Calvino - Palomar, Mondadori
Comunque il signor Palomar non si perde d'animo e a ogni momento crede d'esser riuscito a vedere tutto quel che poteva vedere dal suo punto d'osservazione, ma poi salta fuori sempre qualcosa di cui non aveva tenuto conto. Se non fosse per questa sua impazienza di raggiungere un risultato completo e definitivo della sua operazione visiva, il guardare le onde sarebbe per lui un esercizio molto riposante e potrebbe salvarlo dalla nevrastenia, dall'infarto e dell'ulcera gastrica.
-.-.-.-
Calvino - Palomar, Mondadori
sabato 6 agosto 2011
Tifoso inoffensivo
Per quanto l'ipad sia comodo da portare in giro, se vado in un posto dove so di dover aspettare del tempo è molto probabile che io porti con me un libro. Soprattutto a Napoli, dove di Ipad ce ne sono ancora pochi, e non ne vedi nei pullman o in metropolitana, e hai sempre paura che a qualcuno possa saltare in testa l'idea che sia qualcosa di più prezioso e costoso di quanto sia in realtà.
Mi capita spesso di portare un libro anche allo stadio, anzi, soprattutto allo stadio, perchè è lì che il tempo da dover impegnare - spesso più di due ore - diventa più lungo e insostenibile. E non ho problemi a portare con me libri allo stadio, o in qualsiasi altro posto in cui la lettura di un testo che non sia la gazzetta possa sembrare sconveniente, perchè solitamente a nessuno frega in che modo passi il tempo o, se frega a qualcuno, può capitare di trovarsi in conversazioni interessanti (una volta sulla spiaggia di Miseno un ragazzo che non aveva mai letto un libro in vita sua - o almeno così mi ha detto - ha voluto sapere di cosa trattasse "Gioco all'alba" di Schnitzler che stavo appunto leggendo).
Il dato più interessante della faccenda però non è tanto il rapporto dei tifosi con la lettura o con la lettura di terzi, ma il rapporto che hanno le forze dell'ordine addette ai controlli all'ingresso dello stadio con l'"oggetto" libro. Chi mi conosce sa quanto io sia lontano dalla violenza. Avrò qualcosa però che attira sempre l'attenzione degli addetti ai controlli. In areoporto ad esempio non c'è volta che non mi controllino per bene - e quando dico per bene dico proprio per bene - il bagaglio a mano e tutto quello che c'e dentro.
Anche allo stadio devono sempre vedere che cosa ho nelle tasche o nella borsa. Ma appena notano il libro mi lasciano andare con un gesto della mano, come a dire - aaaaaaaaaaah ma vabbè potevi dirlo prima che avevi un libro, ti facevamo entrare negli spogliatoi dei giocatori -. Come se un libro fosse la prova della mia bontà e di tutte una serie di qualità positive. Insomma, quando porto un libro allo stadio sono considerato un tifoso inoffensivo.
Mi capita spesso di portare un libro anche allo stadio, anzi, soprattutto allo stadio, perchè è lì che il tempo da dover impegnare - spesso più di due ore - diventa più lungo e insostenibile. E non ho problemi a portare con me libri allo stadio, o in qualsiasi altro posto in cui la lettura di un testo che non sia la gazzetta possa sembrare sconveniente, perchè solitamente a nessuno frega in che modo passi il tempo o, se frega a qualcuno, può capitare di trovarsi in conversazioni interessanti (una volta sulla spiaggia di Miseno un ragazzo che non aveva mai letto un libro in vita sua - o almeno così mi ha detto - ha voluto sapere di cosa trattasse "Gioco all'alba" di Schnitzler che stavo appunto leggendo).
Il dato più interessante della faccenda però non è tanto il rapporto dei tifosi con la lettura o con la lettura di terzi, ma il rapporto che hanno le forze dell'ordine addette ai controlli all'ingresso dello stadio con l'"oggetto" libro. Chi mi conosce sa quanto io sia lontano dalla violenza. Avrò qualcosa però che attira sempre l'attenzione degli addetti ai controlli. In areoporto ad esempio non c'è volta che non mi controllino per bene - e quando dico per bene dico proprio per bene - il bagaglio a mano e tutto quello che c'e dentro.
Anche allo stadio devono sempre vedere che cosa ho nelle tasche o nella borsa. Ma appena notano il libro mi lasciano andare con un gesto della mano, come a dire - aaaaaaaaaaah ma vabbè potevi dirlo prima che avevi un libro, ti facevamo entrare negli spogliatoi dei giocatori -. Come se un libro fosse la prova della mia bontà e di tutte una serie di qualità positive. Insomma, quando porto un libro allo stadio sono considerato un tifoso inoffensivo.
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