Vi è mai capitato di aver paura di leggere un libro?
A me si.
Il libro in questione mi è stato prestato. Ne ho letto una prima parte velocemente e poi ho dovuto interromperlo. Non sono un cliente abituale del lasciare un libro in sospeso, non sono di quelli che terminano le storie secondo il proprio gusto, se c'è dell'altro oltre quello che mi basta lo leggo.
Inutile dire che la persona che mi ha prestato il libro è una persona per me speciale.
Cosa mi ha frenato fino ad ora?
Forse mi ha spaventato trovare così tanto di lei nelle pagine di un libro. Sfogliare le pagine e capire così tanto da doverne prendere a piccole dosi.
E' la prima volta che mi capita. Mi sono chiesto: I libri importanti per me hanno avuto lo stesso effetto su di lei? In tutta la mia vita, ogni volta che ho prestato un libro, mi sono scoperto così tanto? Ogni qual volta ho detto prendi questo libro, devi leggero ho dato così tante chiavi di lettura per leggere me stesso?
Ma il libro ho ricominciato a leggerlo, ed ho trovato il coraggio giusto per finirlo.
Vi sembra esagerato tutto questo?
A me sembrava esserlo fino a pochi momenti fa, quando ho capito che tutto questo è invece dannatamente importante.
ATTENZIONE
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lunedì 27 luglio 2009
mercoledì 22 luglio 2009
Il Boss.
I soprannomi mi affascinano tanto.
Ci sono soprannomi divertenti, sciocchi, ironici, volgari.
Quando ti si attaccano addosso sono praticamente impossibili da scollare, passano di bocca in bocca e la gente finisce per ricordare solo il soprannome.
I soprannomi sono comuni e quasi sempre sinceri.
Springsteen lo chiamano il boss. Ed io so perchè. Chiunque l'abbia visto dal vivo, ascoltato in mezzo alla gente, sa che quel soprannome è perfetto. Ho capito perchè lo chiamano così diversi anni fa, durante un concerto a Caserta con la Pete Seeger Session. Sarà rimasto per almeno cinque minuti a guardare la gente, mentre tutti gli strumentisti uscivano dalla scena, lui da solo, che lentamente si sedeva sul bordo del palco dondolando le gambe. Non faceva nulla, assolutamente nulla. Fermo guardava le mani della gente, le facce del suo pubblico, un ghigno sul viso.
Quella figura non era solo magnetica, era grandiosa. Quell'immagine avrebbe colpito chiunque, e tra la gente serpeggiava l'emozione e l'agitazione, le farfalle nello stomaco.
Lui non ha fatto nulla, non ha detto nulla e non si è alzato dal bordo del palco.
Ho avuto la fortuna di vederlo ed ascoltarlo con la E Street Band in uno stadio meraviglioso durante una serata perfetta. Lui è il boss perchè non si ferma mai, lui è il boss perchè entra in scena quando la colonna sonora di C'era una volta il west ha gia commosso il pubblico, perchè finisce il concerto cantando Twist And Shout e La Bamba per dieci minuti. Lui è il boss perchè anche quando accendono tutte le luci dell'Olimpico continua a suonare.
Lui è il boss perchè concede un ballo ad una signorina del pubblico.
E' il boss perchè chiunque lo veda dal vivo non trova altre parole per definirlo.
Ci sono soprannomi divertenti, sciocchi, ironici, volgari.
Quando ti si attaccano addosso sono praticamente impossibili da scollare, passano di bocca in bocca e la gente finisce per ricordare solo il soprannome.
I soprannomi sono comuni e quasi sempre sinceri.
Springsteen lo chiamano il boss. Ed io so perchè. Chiunque l'abbia visto dal vivo, ascoltato in mezzo alla gente, sa che quel soprannome è perfetto. Ho capito perchè lo chiamano così diversi anni fa, durante un concerto a Caserta con la Pete Seeger Session. Sarà rimasto per almeno cinque minuti a guardare la gente, mentre tutti gli strumentisti uscivano dalla scena, lui da solo, che lentamente si sedeva sul bordo del palco dondolando le gambe. Non faceva nulla, assolutamente nulla. Fermo guardava le mani della gente, le facce del suo pubblico, un ghigno sul viso.
Quella figura non era solo magnetica, era grandiosa. Quell'immagine avrebbe colpito chiunque, e tra la gente serpeggiava l'emozione e l'agitazione, le farfalle nello stomaco.
Lui non ha fatto nulla, non ha detto nulla e non si è alzato dal bordo del palco.
Ho avuto la fortuna di vederlo ed ascoltarlo con la E Street Band in uno stadio meraviglioso durante una serata perfetta. Lui è il boss perchè non si ferma mai, lui è il boss perchè entra in scena quando la colonna sonora di C'era una volta il west ha gia commosso il pubblico, perchè finisce il concerto cantando Twist And Shout e La Bamba per dieci minuti. Lui è il boss perchè anche quando accendono tutte le luci dell'Olimpico continua a suonare.
Lui è il boss perchè concede un ballo ad una signorina del pubblico.
E' il boss perchè chiunque lo veda dal vivo non trova altre parole per definirlo.
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martedì 21 luglio 2009
Stabat Mater
Sarò sincero, il libro non mi ha esaltato. L'ho trovato frammentato (fin troppo, nonostante lo richiedesse la scelta a monte della narrazione), eccessivamente crudo e volutamente piatto. Nonostante tutto, l'ho letto fino alla fine, trovando alcune parti interessanti.
"Io però non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi suoniamo dall'alto, sospese, sui poggioli di fianco alle due pareti della chiesa, a qualche metro da terra, perchè la musica pesa, cade giù. La versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci. Li somemrgiamo, li soffochiamo con la nostra musica."
"Io però non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi suoniamo dall'alto, sospese, sui poggioli di fianco alle due pareti della chiesa, a qualche metro da terra, perchè la musica pesa, cade giù. La versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci. Li somemrgiamo, li soffochiamo con la nostra musica."
-.-.-.-.-
Tiziano Scarpa - Stabat Mater, Einaudi
lunedì 13 luglio 2009
Un luogo
Ieri, riguardando le foto di Istanbul mi sono stupito ancora dell'incredibile colore del tramonto.
Voglio tornarci, e per me è abbastanza insolito. Appartengo a quella categoria di persone che pensano che ci siano troppi luoghi da vedere nel mondo per tornare in uno già visto. Ma forse appartengo anche a quell'altra categoria, di quelli che trovano un luogo, finalmente, e se ne innamorano.
Voglio tornarci, e per me è abbastanza insolito. Appartengo a quella categoria di persone che pensano che ci siano troppi luoghi da vedere nel mondo per tornare in uno già visto. Ma forse appartengo anche a quell'altra categoria, di quelli che trovano un luogo, finalmente, e se ne innamorano.
"I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi."
Nazim Hikmet, 1948
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi."
Nazim Hikmet, 1948
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sabato 11 luglio 2009
La valigia di mio padre
E' un piccolo libro su cui ritorno spesso. Un po' perchè, l'avrete capito, è uno dei miei autori preferiti, ed un po' perchè considero i tre discorsi che compongono il volumetto davvero illuminanti.
"Le pietre di noi scrittori sono le parole. Le tocchiamo, sentiamo il rapporto che hanno tra di loro. qualche volta le guardiamo da lontano, qualche volta le accarezziamo con le dita o con la punta della penna, le pesiamo, le sistemiamo e così per anni, con determinazione, pazienza e speranza costriamo nuovi mondi. Secondo me il segreto dello scrittore non sta nell'ispirazione, che arriva da fonti ignote, ma dalla sua ostinazione e nella sua pazienza. -Scavare un pozzo con un ago - è un bel modo di dire turco che descrive il lavoro dello scrittore."
"Le pietre di noi scrittori sono le parole. Le tocchiamo, sentiamo il rapporto che hanno tra di loro. qualche volta le guardiamo da lontano, qualche volta le accarezziamo con le dita o con la punta della penna, le pesiamo, le sistemiamo e così per anni, con determinazione, pazienza e speranza costriamo nuovi mondi. Secondo me il segreto dello scrittore non sta nell'ispirazione, che arriva da fonti ignote, ma dalla sua ostinazione e nella sua pazienza. -
-.-.-.-.-.-
Orhan Pamuk - La valigia di mio padre, Einaudi
domenica 5 luglio 2009
Antifascismo militante.
Fuorigrotta ne è piena. E' piena di scritte in rosso su manifesti, muretti, scale. Le aggressioni di cui si parla ovunque tra i ragazzi. Al centro, in zona flegrea, da mesi vanno avanti. L'ultima di pochi giorni fa, i fascisti picchiano di nuovo in gruppo. L'ultima notizia parla di ragazzi seguiti e picchiati a pochi passi da casa mia.
Io non sono al centro delle voci. Non sono nei punti di raccordo d'informazione nei partiti, nei collettivi, nelle manifestazioni. So per certo però che ogni aggressione è dolorosa, ovviamente, per chi viene picchiato per un ideale, una qualsiasi espressione di libertà, ma anche per chi condivide quella stessa idea, per chi condivide stesse passioni ed amori.
E' terribile sapere che un ragazzo tuo coetaneo venga pedinato e picchiato. Ne soffro e mi colpisce.
Ma non posso fare altro che restare fermo ed immobile quando la rabbia esplode in slogan e dichiarazioni di guerra. E forse parlare di rabbia è sbagliato. Non posso condividere inni alla violenza, alle fucilazioni, a liste in cui inserire nomi da picchiare per fare vendetta. Tra i miei coetanei, di cui apprezzo l'intelligenza e lo spirito d'iniziativa, serpeggia l'odio per un periodo storico che sembra non appartenerci mai. Un periodo che non riusciamo ad afferrare, che ci lascia come stranieri nelle nostre case e nelle nostre stesse strade. Qualcuno mi ha detto che questo è "Il male del secolo". E' probabile che lo sia. Ed è probabile anche che questi pestaggi siano architettati dall'alto, o dal basso, che dir si voglia. Pongo solo una domanda, e non è una provocazione. Davvero vogliamo ancora minacciare, giurare vendetta, picchiare, stanarli ad uno ad uno ed essere pronti a rispondere?
Non c'è altro modo che rispondere colpo su colpo? O forse i metodi che gli illustri antenati hanno utilizzato non sono più adatti al mondo che viviamo e che vogliamo cambiare? Non è che proprio la rivoluzione ha bisogno di una rivoluzione?
Io non sono al centro delle voci. Non sono nei punti di raccordo d'informazione nei partiti, nei collettivi, nelle manifestazioni. So per certo però che ogni aggressione è dolorosa, ovviamente, per chi viene picchiato per un ideale, una qualsiasi espressione di libertà, ma anche per chi condivide quella stessa idea, per chi condivide stesse passioni ed amori.
E' terribile sapere che un ragazzo tuo coetaneo venga pedinato e picchiato. Ne soffro e mi colpisce.
Ma non posso fare altro che restare fermo ed immobile quando la rabbia esplode in slogan e dichiarazioni di guerra. E forse parlare di rabbia è sbagliato. Non posso condividere inni alla violenza, alle fucilazioni, a liste in cui inserire nomi da picchiare per fare vendetta. Tra i miei coetanei, di cui apprezzo l'intelligenza e lo spirito d'iniziativa, serpeggia l'odio per un periodo storico che sembra non appartenerci mai. Un periodo che non riusciamo ad afferrare, che ci lascia come stranieri nelle nostre case e nelle nostre stesse strade. Qualcuno mi ha detto che questo è "Il male del secolo". E' probabile che lo sia. Ed è probabile anche che questi pestaggi siano architettati dall'alto, o dal basso, che dir si voglia. Pongo solo una domanda, e non è una provocazione. Davvero vogliamo ancora minacciare, giurare vendetta, picchiare, stanarli ad uno ad uno ed essere pronti a rispondere?
Non c'è altro modo che rispondere colpo su colpo? O forse i metodi che gli illustri antenati hanno utilizzato non sono più adatti al mondo che viviamo e che vogliamo cambiare? Non è che proprio la rivoluzione ha bisogno di una rivoluzione?
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È successo che
sabato 4 luglio 2009
Chet Baker raccontato da Fresu.
Non perdete l'articolo su Chet Baker di Paolo Fresu sul venerdì di Repubblica.
Sull'indiscutibile valore di Baker non credo ci sia molto da dire, ma sentirne parlare da chi suona la tromba ci da la giusta misura del mito.
Di non badare troppo alle sregolatezze, scrive Fresu, perchè nella musica Baker era in realtà il più chiaro e limpido, il più cool, il più raffinato architetto. Mai una nota fuori posto, anche quando si accompagnava con musicisti non all'altezza del suo livello.
Da segnalare la serie di libri pubblicati da Minimum Fax sui grandi del Jazz.
Nei prossimi appuntamenti di Umbria Jazz si terrà una serie di incontri nei queli intepreti italiani raccontano i loro miti. Il 12 luglio sarà proprio Fresu a parlare di Baker sulla terrazza del mercato coperto di piazza Matteotti a Perugia.
Sull'indiscutibile valore di Baker non credo ci sia molto da dire, ma sentirne parlare da chi suona la tromba ci da la giusta misura del mito.
Di non badare troppo alle sregolatezze, scrive Fresu, perchè nella musica Baker era in realtà il più chiaro e limpido, il più cool, il più raffinato architetto. Mai una nota fuori posto, anche quando si accompagnava con musicisti non all'altezza del suo livello.
Da segnalare la serie di libri pubblicati da Minimum Fax sui grandi del Jazz.
Nei prossimi appuntamenti di Umbria Jazz si terrà una serie di incontri nei queli intepreti italiani raccontano i loro miti. Il 12 luglio sarà proprio Fresu a parlare di Baker sulla terrazza del mercato coperto di piazza Matteotti a Perugia.
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