Fuorigrotta ne è piena. E' piena di scritte in rosso su manifesti, muretti, scale. Le aggressioni di cui si parla ovunque tra i ragazzi. Al centro, in zona flegrea, da mesi vanno avanti. L'ultima di pochi giorni fa,
i fascisti picchiano di nuovo in gruppo. L'ultima notizia parla di ragazzi seguiti e picchiati a pochi passi da casa mia.
Io non sono al centro delle voci. Non sono nei punti di raccordo d'informazione nei partiti, nei collettivi, nelle manifestazioni. So per certo però che ogni aggressione è dolorosa, ovviamente, per chi viene picchiato per un ideale, una qualsiasi espressione di libertà, ma anche per chi condivide quella stessa idea, per chi condivide stesse passioni ed amori.
E' terribile sapere che un ragazzo tuo coetaneo venga pedinato e picchiato. Ne soffro e mi colpisce.
Ma non posso fare altro che restare fermo ed immobile quando la rabbia esplode in slogan e dichiarazioni di guerra. E forse parlare di rabbia è sbagliato. Non posso condividere inni alla violenza, alle fucilazioni, a liste in cui inserire nomi da picchiare per fare vendetta. Tra i miei coetanei, di cui apprezzo l'intelligenza e lo spirito d'iniziativa, serpeggia l'odio per un periodo storico che sembra non appartenerci mai. Un periodo che non riusciamo ad afferrare, che ci lascia come stranieri nelle nostre case e nelle nostre stesse strade. Qualcuno mi ha detto che questo è "Il male del secolo". E' probabile che lo sia. Ed è probabile anche che questi pestaggi siano architettati dall'alto, o dal basso, che dir si voglia. Pongo solo una domanda, e non è una provocazione. Davvero vogliamo ancora minacciare, giurare vendetta, picchiare, stanarli ad uno ad uno ed essere pronti a rispondere?
Non c'è altro modo che rispondere colpo su colpo? O forse i metodi che gli illustri antenati hanno utilizzato non sono più adatti al mondo che viviamo e che vogliamo cambiare? Non è che proprio la rivoluzione ha bisogno di una rivoluzione?