ATTENZIONE

QUESTO BLOG È UN ARCHIVIO CHE RACCOGLIE I POST ANTERIORI AL 2014. IL NUOVO BLOG LO TROVATE QUI.

venerdì 11 novembre 2011

Il lavoro come comunicazione


Geremia Pepicelli è un ingegnere elettronico. Si è occupato di aerei per 27 anni e negli ultimi otto di «veicoli senza pilota». Da appassionato di fantascienza gli ho fatto subito notare quanto l'argomento mi affascinasse e lui si è stupito un po', perché di fantascientifico qui c'è davvero poco. È tutto vero e pratico.

Cliccate QUI e guardate l'intervista.


Alberto Savinio ha scritto questo: "Il destino di noi uomini civili è nei nostri nomi e nei nostri cognomi [...] Molto rari gli uomini il cui destino non è scritto nel loro nome e prescritto nel loro cognome".

Per Geremia Pepicelli è proprio così: suo nonno che si chiamava esattamente come lui era ingegnere. E lui ha sempre saputo di voler diventare a sua volta ingegnere. La passione per l'elettronica deriva invece da suo padre, che costruì da solo la prima televisione portata in casa. 


"L'importanza del lavoro si trasferisce secondo me attraverso l'esempio, [...] ho avuto la prova che al di là delle parole contano i fatti. L'esempio, l'esempio è quello che viene trasferito a quelli che ci stanno intorno e alle generioni che ci seguiranno. [...] Le prossime generazioni utilizzano così come ho fatto io con mio padre quello che ti viene trasferito non in maniera esplicita ma in maniera implicita nelle cose che fai, quelle che hai realizzato, come ti sei rapportato con gli altri. Queste sono le cose che noi possiamo lasciare a quelli che vengono dopo di noi".


L'ha scritto Calvino, ed è una frase che mi piace sempre ricordare. "E il lavoro è qualcosa di intersoggettivo, che stabilisce una comunicazione con gli altri. [...] Il lavoro come comunicazione."

Nessun commento:

Posta un commento