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domenica 18 marzo 2012

Twitter, Michele Serra e me

Michele Serra ha scritto, nel suo spazio “l’amaca” su Repubblica, una cosa discutibile. Una cosa che non condivido - che non mi fa cambiare idea su Serra perché semplicemente non si può essere d’accordo su tutto - e che mi sembra abbastanza banale e poco ragionata.
Poi ha anche scritto un articolo su Repubblica, che di fatto spiega meglio - cioè semplicemente con più parole - quello che aveva detto. Spiega meglio, ma non lascia intravedere altre possibili interpretazioni.

Perché ritengo sia discutibile:

Provare a spiegare Twitter ascoltando la lettura dei commenti ad un programma televisivo e dedurre da questa minima esperienza una massima sul rapporto tra strumento, parola e messaggio, ed utilizzare uno spazio da un migliaio di battute per esprimerlo è esattamente ciò contro cui sembra scagliarsi Serra. Twitter è, a mio avviso, utilizzabile in diversi modi. Alcuni di questi modi si sottraggono alla solita dialettica giusto/sbagliato - migliore/peggiore - buono/cattivo. Alcune modalità di utilizzo sono solo "utili". Faccio un esempio: in molti lo utilizziamo per ricevere link interessanti da chi abbiamo scelto di seguire. Persone, famose o per nulla famose. Qualcuno ormai legge i giornali solo in questo modo, creando proprie rassegne stampa sulla propria Cronologia. Semplicemente - anche su Twitter - si può evitare di leggere slogan, commenti frettolosi ed informazioni inutili, come dice qui Sofri scegliendo meglio chi seguire.

Leggere i tweet di commento ad un programma televisivo è come invitare 400 persone in casa propria per vedere - proprio come si faceva per Sanremo negli ’60 - il programma tutti insieme. È una cosa che fai solo se hai voglia di ascoltare il pensiero di tutti. Se non ti va, utilizzi Twitter in un altro modo. E - forse Serra si stupirà - anche tra i commenti che il suo amico più giovane (e forse per questo più interconnesso?) ha letto, ci sarà stato qualche commento degno di essere condiviso. A me è capitato, in quelle bolge di democrazia espressiva, di trovare persone interessanti, di cominciare a seguirle e anche di non cambiare idea in seguito. 

Dell’articolo su Repubblica questa cosa mi disturba particolarmente:
E' che quei medium hanno sì una formidabile funzione di servizio, di messa a fuoco di argomenti omessi o rimossi sui media "ufficiali". Ma contengono anche una tentazione esiziale, che è quella del giudizio sommario, della fesseria eletta a sentenza apodittica, del pulpito facile da occupare con zero fatica e spesso zero autorevolezza.
Mi disturba perché forse Serra non ha capito che ciò che buona parte delle persone che utilizzano la rete sta cercando di costruire è proprio un modello che preveda il continuo mettere in discussione il pulpito e l’autorevolezza. Se dieci anni fa Serra avesse scritto una cosa non avrei potuto dire la mia con questa facilità, Serra non avrebbe avuto modo di leggere il mio pensiero e - e questo forse è ancora più importante - non avrei avuto modo di leggere le critiche di altre persone a Serra - utili anche se non indispensabili per arrivare a delle mie conlusioni. Soprattutto quest'ultimo punto, permette a chi vive di slogan (ma non sono certo che sia sempre così) di sviluppare un minimo di senso critico (se ne ha voglia o crede sia utile). Perché voler sviluppare un senso critico - o avere dei dubbi sui propri modi di ragionare - non dipende quasi mai dai mezzi che scegliamo di utilizzare, ma dalla società in cui viviamo, dalle scuole che abbiamo frequentato e dai professori e maestri che abbiamo incrociato.

Io su Twitter leggo molto, condivido link, ma scrivo poco di cose che non mi interessano e che credo non interessino gli altri. Alle volte in quelle stanze virtuali scopro nuove persone, le metto alla prova, se mi interessa il loro approccio continuo a seguirle. Insomma ogni tanto scelgo volontariamente di invitare 400 persone a casa per incontrare chi vorrò invitare la prossima volta.

Però ringrazio Serra, perché alcuni utenti che seguivo hanno scritto delle cose così poco interessanti sull’argomento che ho deciso di non seguirli più. Se le persone intelligenti evitassero di ritirarsi, di allontanarsi dai punti caldi, determinanti, in cui poter giocare un ruolo fondamentale, sarebbe meglio. Per tutti intendo.


2 commenti:

  1. Sono d'accordo con la tua linea argomentativa, però nello specifico non riesco a capire:
    1) uno come se lo forma il senso critico a partire da un centinaio di caratteri scarsi altrui?
    2) come fa uno, attraverso link ed un centinaio di caratteri, a farsi stimare "interessante", e quindi degno di essere seguito?
    La seconda te la faccio perché, per me, è "interessante" chi è mi apre gli occhi su qualcosa, chi sposta un po' più in là il mio punto di vista, chi mi fa pensare due volte, chi stimola la mia curiosità. Come faccio io, che ho bisogno di tutto questo per reputare una persona degna di essere "seguita" perché "interessante", a cavare qualcosa da 100 e dispari caratteri, o da un link? Di suo, una persona, che ci mette in così poco?
    Se la formula di Twitter (ed è vincente) è la brevità, cos'è in grado di sintetizzare di una persona, del suo spessore, questa brevità?
    Centoventi caratteri mi ricordano solo una cosa: lo slogan, quello della politica (che ci ha rotto il cazzo) e della pubblicità (che ci ha rotto il cazzo) e che, a quanto pare, se di trovare un'alternativa al pulpito ed alla - presunta - autorevolezza si tratta, ha rotto anche te e chi come te di Twitter fa uso.
    Per qualcosa di ormai consolidato, quantomeno per chi un senso critico non ce l'ha, e diciamo dunque per (in)cultura, ciò che passa per televisione e stampa è, per ragione di questo stesso passaggio, vero: da qui il pulpito, da qui l'autorevolezza, anzi, l'autorità, sarebbe meglio dire, l'autorità priva di autorevolezza che hanno sempre avuto - e di cui hanno sempre abusato - stampa e televisione (questa, forse, di più). A te ed a tutti voi che volete mettere in discussione pulpito ed autorevolezza, appunto - e vi fa onore - bastano centoventi caratteri striminziti e qualche link? Io mi registrai a Twitter, non molto tempo fa, e mi stufò dopo nemmeno 48 ore: volli provarlo e non lo trovai sufficiente nemmeno a far passare le stronzate che mi transitavano per la testa.
    In ultimo, e perdona la lunghezza: ti viene mai il dubbio che tu, Serra e tanti altri stiate dando a questa ennesima pazziella dei nostri tempi un po' troppa importanza? A me è venuto adesso, proprio per quanto riguarda la mia posizione, nell'istante in cui ti porgo i miei saluti, ti ringrazio e chiudo questo commento.

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  2. 1) Ed infatti non ho detto che tramite Twitter sia possibile sviluppare senso critico, ma semplicemente che la mancanza di quest'ultimo non dipende dall'utilizzo di un mezzo. Probabilmente Twitter non migliora la situazione, ma le stesse persone che mi infastidiscono nella realtà, mi infastidiscono anche su Twitter.

    2) Il link non rimanda per forza ad un contenuto "breve". Può essere un articolo di giornale, un intero sito, un nuovo blog da seguire.

    3) "A te ed a tutti voi che volete mettere in discussione pulpito ed autorevolezza, appunto - e vi fa onore - bastano centoventi caratteri striminziti e qualche link?" No, non bastano. Ma possono essere un punto di partenza per un ragionamento. E Twitter, con la possibilità che offre di raccogliere articoli, opinioni e resoconti diversi è un'opportunità. Ricordi quello che ci dicevano le maestre? Leggete tutti i giornali, leggete articoli su stessi argomenti su diversi giornali: con Twitter posso farlo più velocemente e quindi in maniera migliore.

    4) No, non credo. Credo che Serra lo faccia. Io lo considero "un mezzo", che come ogni mezzo ha potenzialità e difetti.

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